L’intervista con Antonio Gozzi

by | Ago 26, 2020 | News

Una video intervista con il presidente Antonio Gozzi per ripercorrere i momenti salienti della storia di Duferco, dagli albori dei primi passi imprenditoriali di Bruno Bolfo fino all’attuale struttura del Gruppo, attiva in diversi Paesi e diversificata in diversi settori e attività industriali. Un’occasione per affrontare il presente e il futuro del Gruppo, con un sguardo in particolare sulle attività e divisione siderurgica.

Una chiacchierata a tutto tondo, condotta da Lucio Dall’Angelo e articolata in sette capitoli: la storia, l’innovazione, la sostenibilità, la cultura aziendale e siderurgica, la globalizzazione, il futuro della siderurgia e quello di Duferdofin-Nucor.

 

Capitolo 1: la storia del Gruppo Duferco

La storia di Duferco nasce con Bruno Bolfo, un giovane ex dirigente delle partecipazioni statali, che decide di iniziare la propria avventura imprenditoriale, avviando un’attività trading siderurgico internazionale in Brasile, Paese che presentava una situazione ideale: grande eccedenza di produzione rispetto ai consumi interni.

Nel 1979 in Sud America, inizia dunque un’avventura imprenditoriale che dura ormai da più di quarant’anni e che nel tempo ha contribuito ad affermare Duferco come un gruppo internazionale con attività imprenditoriali diversificate in diversi settori industriali, dalle attività industriali siderurgiche al trading e distribuzione di energia fino allo shipping, con una flotta di più di cento navi.

Capitolo 2: innovazione

Innovare ha significati diversi a seconda del settore e dell’attività attività industriale.

Nel trading di energia significa, ad esempio, sfruttare le potenzialità analitiche degli algoritmi e della big data analysis per orientare le attività commerciali. Nello shipping significa sostenibilità: attraverso diverse scelte di innovazione tecnologica (dal cold ironing a combustibili sempre più compatibili) è possibile ridurre l’impatto ambientale di navi e porti.

In siderurgia significa, invece, assicurare la totale sostenibilità di tutte le nostre attività sul territorio, che vuol dire sfruttare le migliori e più moderne tecnologie, tra cui proprio big data analysis, per ottimizzare il processo siderurgico.
In siderurgia innovazione tecnologica e sostenibilità sono tutt’uno.

Capitolo 3: sostenibilità

Per il mondo dell’acciaio la sostenibilità significa cose molto concrete.

Significa, ad esempio, che le emissioni al camino devono essere in rigoroso rispetto dei limiti emissivi della legge e sono sistematicamente controllate. Molte siderurgie, poi, si stanno avviando verso un consumo d’acqua che si limita all’evaporazione: perché tutte le acque vengono recuperate, depurate e ricircolate.

Non si deve dimenticare, poi, che la siderurgia da forno elettrico è la più grande macchina di economia circolare d’Europa. In Italia si riciclano grosso modo 15-16 milioni di tonnellate di rottame all’anno: pensate un po’ cosa sarebbero le nostre campagne se non vi fossero attività di recupero e riciclo così importanti.

Infine, sostenibilità significa sicurezza per le persone che lavorano. Stiamo facendo sforzi enormi per l’obiettivo incidenti zero, l’unico vero obiettivo. Sui processi produttivi si può dire che ci siamo molto vicini. Gli incidenti, anche mortali, continuano invece ad avvenire nelle parti di logistica, cioè nei trasferimenti dei carichi, laddove spesso ci sono anche imprese terze. Da questo punto di vista i sistemi di intelligenza artificiale possono dare moltissimo.

Capitolo 4: cultura

I siderurgici sono un esempio perfetto di visione lunga: facciamo investimenti rilevantissimi, il cui ritorno non si misura in pochi mesi o anni e la cui pianificazione commerciale, tecnologica e impiantistica ha un orizzonte molto ampio. Credo che la capacità di visione sia indispensabile per fare impresa oggi e sono molto scettico e perplesso rispetto a un mainstream che vuole ritorni immediati, payback corti.

La sottocultura finanziaria ha imperato negli ultimi vent’anni, con risultati modesti. Tutti i Paesi in cui questa cultura ha avuto un sopravvento, infatti, si sono deindustrializzati e si trovano esposti alla volatilità e all’incertezza dei mercati finanziari globali. Io sono estimatore di un capitalismo lento, alla giapponese, paziente. Che sa che la trasformazione dei sistemi industriali, dei mercati, del modo di vivere è un processo complicato e che cerca di interpretarlo per costruire valore per tutti coloro che lavorano all’interno delle imprese.

In questo contesto, il ruolo del leader dell’azienda è quello del coach in grado di far crescere la squadra e del referente di ultima istanza nel prendere decisioni, per cui occorre avere una attitudine e un orientamento che non tutti hanno